Alta specializzazione medica e macchinari all’avanguardia tecnologica: sono questi i due poli che rendono la chirurgia oculare sempre più sicura e meno invasiva.
Ne parliamo con Anna Altomare, amministratore delegato di Blue Eye, centro di microchirurgia oculare che ha aperto una nuova sede a Vimercate, in Brianza. Oltre 500 mq dedicati alla prevenzione, diagnosi e cura delle differenti patologie, frutto dell’esperienza della clinica «madre» di Milano che con circa 25 mila interventi di cataratta e oltre 10 mila di chirurgia refrattiva dal 1998 è diventata una struttura privata di riferimento nella prevenzione e cura delle differenti patologie oculari, grazie a un pool di medici altamente specializzati e all’utilizzo di tecnologie d’avanguardia
Essere un centro dedicato esclusivamente all’occhio è un valore aggiunto?
«Oggi c’è la tendenza a rivolgersi a centri polispecialistici mentre noi possiamo definirci un poliambulatorio dell’occhio dove i pazienti trovano una risposta adeguata, corretta e personalizzata grazie a un pool di medici che gravitano presso la nostra struttura e a personale altamente qualificato che è in grado di inquadrare le richieste del paziente già al primo colloquio telefonico».
Come riuscite a gestire le urgenze?
«Abbiamo una figura interna specializzata che fa un primo consulto telefonico per poi indirizzare il paziente allo specialista di riferimento.Quando le patologie sono particolarmente gravi cerchiamo sempre di fissare un appuntamento nell’arco di 2 o 3 giorni grazie all’ampia disponibilità di ambulatori, studi e dottori qui presenti».
Una clinica per tanti medici quindi
«Questo rappresenta un plus perché grazie al pool di una sessantina di medici possiamo risolvere problematiche e patologie differenti, gestendo le richieste dei pazienti in modo personalizzato affidandoli a un professionista piuttosto che a un altro. Le patologie dell’occhio sono infatti tante e diverse e possiamo contare su medici che hanno competenze generali di primo ordine e altri più specializzati in ambiti ben precisi».
Alta specializzazione medica ma anche macchinari all’avanguardia?
«La tecnologia è fondamentale perché serve ad affiancare la bravura del chirurgo e a rendere gli interventi più sicuri ed efficaci.La chirurgia dell’occhio èinfatti una microchirurgia perché si lavora con margini di millimetri se non millesimi di millimetro. Per questo nel nostro centro ci siamo dotati di strumentazioni avanzate come il laser a femtosecondi che consente di effettuare un intervento di cataratta secondo un procedimento più sicuro e riproducibile o il sistema 3D per la chirurgia retinica, di prossima acquisizione, che consentirà al chirurgo di eseguire l’intervento guardando uno schermo ad alta definizione 3D».
Quanto sono diffuse le malattie retiniche e, in genere, quelle oculari?
«L’allungamento dell’aspettativa di vita ha “allungato” anche la presenza di malattie sia a livello oculare sia a livello della retina e del nervo ottico. La cataratta, la degenerazione maculare senile, i glaucomi e le retinopatie legate a diabete e alterazioni vascolari, sono patologie di grande impatto sociale e la loro gestione diagnostica e terapeutica sarà un elemento fondante le future scelte di gestione della sanità».
E negli anziani?
«Anche l’occhio invecchia e senza necessariamente ammalarsi non ha più le prestazioni della gioventù: basta pensare a quanti pazienti anziani soffrono di dislacrimia, comunemente detto “occhio secco”».
Di cosa si tratta?
«La dislacrimia o sindrome dell’occhio secco è una condizione di malattia dell’occhio sempre più diffusa e che può avere un ventaglio di manifestazioni molto ampio. I fattori di rischio in gioco vanno da quelli ambientali all’uso di farmaci e alla concomitante presenza di malattie oculari e sistemiche ma attualmente la proposta terapeutica è molto ampia, spaziando dai colliri ai più recenti trattamenti termici o a luce pulsata finalizzati a migliorare il funzionamento delle ghiandole deputate alla produzione delle componenti principali della lacrima. L’età stessa favorisce l’alterarsi del normale equilibrio del film lacrimale, la pellicola che rappresenta la prima difesa da microorganismi, sostanze irritanti e allergeni. Gli interventi chirurgici come l’estrazione di cataratta o la correzione dei deficit refrattivi con il laser ad eccimeri possono ulteriormente peggiorare questa condizione. Il ruolo dell’oculista è fondamentale per diagnosticare l’alterazione e individuare la miglior cura per il paziente».
Quali sono invece gli interventi più richiesti?
«La cataratta è sicuramente l’intervento più richiesto e in 20 anni di attività Blue Eye ha effettuato oltre 25 mila interventi. Sono sempre più richiesti anche gli interventi di chirurgia refrattiva per lacorrezione dei vizi di refrazione quali miopia, ipermetropia ed astigmatismo così come l’impianto di lenti intraoculari».
A proposito di chirurgia refrattiva: esistono ancora margini di errore?
«Ormai la chirurgia refrattiva ha raggiunto standard altissimi. La chirurgia refrattiva con laser ad eccimeri è infatti una tecnica chirurgica sicura, efficace e definitiva ma è fondamentale la visita oculistica alla quale viene sottoposto il paziente per verificare il reale difetto visivo. In questa occasione vengono eseguiti una serie di esami diagnostici strumentali con lo scopo di verificare l’idoneità del paziente a sottoporsi all’intervento. Durante l’intervento l’azione del laser è completamente guidata da un computer che esegue con precisione nanometrica i dati impostati dal chirurgo».
La chirurgia refrattiva è un vezzo o una necessità secondo lei?
«Sicuramente migliora la qualità della vita perché liberarsi dagli occhiali o dalle lenti a contatto semplificamolte attività. Inoltre sono interventi in dayhospital che durano mezza giornatae anche il post operatorio è diventato sempre meno fastidioso».
Quali sono le patologie più diffuse nei giovani?
«La malattia più diffusa è il cheratocono, una malattia degenerativa della cornea che comporta la deformazione più o meno asimmetrica della superficie ottica corneale , in genere un astigmatismo miopico irregolare, associato ad una riduzione dello spessore corneale all’apice della deformazione e conseguente riduzione progressiva della capacità visiva. Il cheratocono insorge di solito in età adolescenziale, tra i 14 e i 20 anni, e tipicamente si manifesta in maniera asimmetrica interessando prima un occhio e dopo qualche anno, l’altro. È una malattia progressiva e la terapia più recente per il trattamento del cheratocono è il Cross-linking che serve a rinforzare le fibre di collagene di cui è composta la cornea attraverso l’instillazione di vitamina B2 (riboflavina) e la successiva irradiazione della superficie oculare con un laser a raggi ultravioletti che attiva il farmaco».
La prevenzione può fare la differenza?
«La prevenzione fa sempre la differenza, soprattutto per quelle patologie che non sono conclamate. Noi consigliamo sempre a chi ha difetti visivi di effettuare almeno una visita all’anno con un oculista ma anche chi non ha problemi evidenti dovrebbe fare un controllo con cadenza biennale»
Come è il rapporto con mondo degli ottici-optometristi?
«Sono figure complementari e per noi è importante contare sulla loro collaborazione perché rappresentano un valido mezzo di trasferimento di competenze. Se un paziente ha infattila necessità di una correzione visiva e non può farlo con trattamenti chirurgici lo indirizziamo da un ottico di fiducia. Collaboriamo, inoltre, anche con contattologi che costruiscono lenti su misura a seconda del difetto visivo e insegnano al paziente come utilizzarle e trattarle».
A proposito di lenti a contatto: fino a che età si possono usare?
«La lente a contatto deve essere usata sempre sotto il controllo congiunto del proprio ottico e oculista di fiducia. Non esistono univoci limiti di utilizzo, la gestione dipende da svariati aspetti sia comportamentali e gestionali del pazienti sia legati alle caratteristiche e alla salute dell’occhio. Diciamo che le lenti a contatto possono essere portate anche tutta la vita ma mai non più di 8 ore al giorno».